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La prima legge di Ohm insegna che, in un conduttore, a fronte di una differenza di potenziale applicata alle sue estremità, corrisponderà un passaggio di corrente elettrica inversamente proporzionale alla resistenza del conduttore. Ciò è vero ed evidente per un cavo elettrico in rame, ma è altrettanto vero per conduttori elettrolitici come possono essere l’acqua di mare o il terreno. I fenomeni saranno differenti dato che in un cavo elettrico o in generale in un conduttore metallico saremo di fronte ad un trasporto di elettroni, mentre in un elettrolita avremo a che fare con fenomeni elettrochimici che coinvolgeranno anche la creazione ed il trasporto di ioni.
Differenze di potenziale nel terreno daranno quindi luogo a correnti elettriche che viaggeranno seguendo i percorsi a minore resistenza con una direzione della corrente che andrà convenzionalmente dal punto di maggiore potenziale a quello di potenziale più basso. Nel caso siano presenti più percorsi possibili che portino la corrente alla sua destinazione, questa si suddividerà tra i vari percorsi seguendo la prima legge di Kirchhoff. Potremo quasi dire che la corrente elettrica è pigra e che cercherà sempre la via più comoda per raggiungere la sua meta.
Una corrente che lungo il suo tragitto nel terreno dovesse incontrare una struttura metallica vedrebbe tale struttura come una “scorciatoia”; la struttura si presenterebbe infatti come un percorso preferenziale a bassa resistività se paragonato all’ambiente elettrolitico circostante. In parole semplici, un ipotetico osservatore vedrebbe la corrente “entrare” nella struttura nell’area a potenziale maggiore per “uscire” poi a valle della differenza di potenziale nel terreno.
I fenomeni qui banalizzati di ingresso e uscita della corrente da una struttura interrata saranno in realtà accompagnati da fenomeni elettrochimici importanti. Nella zona di “ingresso” della corrente ci troveremo di fronte a reazioni catodiche che coinvolgeranno la superficie del metallo della struttura, mentre nella zona di “uscita” le reazioni alla superfice del metallo saranno di carattere anodico, accompagnate quindi da corrosione. Banalmente la corrente dove entra protegge, dove esce corrode. Il fenomeno è noto come corrosione per interferenza elettrica. A tali fenomeni saranno inoltre associate delle modifiche dell’intorno chimico della superficie coinvolta con effetti sulla sua polarizzazione misurabili attraverso la valutazione del potenziale elettrochimico della struttura stessa.
Le molte possibili cause di correnti nel terreno vanno dalle dispersioni dei sistemi di trazione elettrica come treni, tram e metropolitane, ai sistemi di protezione catodica, a situazioni macroscopiche di accoppiamento galvanico (reti di terra in rame collegate a strutture in ferro) per arrivare a sistemi complessi di condotte interrate in terreni geologicamente non omogenei che possono dar luogo a fenomeni di possibili pile geologiche.
Una volta identificate le cause dell’interferenza elettrica, per fronteggiare le problematiche legate a tale tipo di corrosione abbiamo a disposizione diverse tecniche. In caso ci si trovi di fronte ad una situazione di interferenza stazionaria cioè tendenzialmente costante nel tempo come quella causata da un sistema di protezione catodica esterno, una delle soluzioni più semplici è quella di collegare attraverso un sistema di drenaggio la tubazione interferita con la tubazione interferente nella zona di interferenza anodica. La corrente interferente, invece che uscire dalla nostra tubazione generando il fenomeno corrosivo avrà, in questo modo, a disposizione una via preferenziale a bassa resistenza attraverso la quale fluire; sarà possibile monitorarla con misure amperometriche, regolarne il flusso tramite resistenze variabili e rendere il collegamento unidirezionale con l’utilizzo di diodi.
Anche in caso di interferenze non stazionarie come quelle generate da sistemi di trazione elettrica i sistemi di drenaggio trovano largo impiego. Potremo inoltre intervenire anche sulle zone di interferenza catodica dove la corrente “entra” nella tubazione interferita attraverso il sezionamento della stessa con giunti isolanti che impediscano il passaggio delle correnti interferenti lungo la tubazione fino alle zone anodiche di scarico. Nei casi più gravi si può anche intervenire con l’installazione di sistemi di protezione catodica dedicati. Un sistema a correnti impresse in controllo di potenziale automatico, reagirà alla variazione di potenziale elettrochimico della condotta interferita causato dalla corrente in uscita e imprimerà una corrente con verso opposto per contrastare il fenomeno. La quantità di corrente erogata dal sistema dedicato dovrà essere limitata al contrasto del fenomeno di interferenza, sarà comunque possibile impostare una corrente di base in uscita dallo stesso sistema per garantire anche la protezione catodica della linea in assenza di correnti disperse.
Il monitoraggio dei potenziali elettrochimici delle strutture interrate assume un’importanza fondamentale nel caso del contrasto delle corrosioni da interferenza elettrica. Ogni lettura effettuata con un elettrodo di riferimento classico soffre infatti di un errore dovuto alla componente di caduta ohmica della corrente circolante nel terreno. In pratica misurando il potenziale elettrochimico di una struttura interrata con un elettrodo posto a distanza dalla struttura stessa si misura non solo il potenziale vero “IRfree”, cioè il potenziale vero della struttura, ma anche la caduta di potenziale nel terreno legata alle correnti circolanti e alla distanza dell’elettrodo di riferimento. Questo significa che, oltre agli effetti già citati di corrosione per interferenza elettrica, le correnti disperse influiscono anche sulle letture degli strumenti classici. In special modo per i sistemi a corrente impressa automatici, che basano la loro erogazione su di una lettura costante del potenziale elettrochimico della struttura protetta sarà quindi importante riuscire ad eliminare il contributo di caduta ohmica della lettura stessa. Si eviterà in tal modo di erogare corrente inutilmente a fronte di picchi “fantasma” dovuti esclusivamente alla caduta di potenziale della corrente dispersa, e di rischiare così di interferire a nostra volta con strutture terze a causa dell’eccessiva corrente da noi immessa nel terreno.
La misura precisa di potenziali elettrochimici delle strutture “IRfree” è oggi facilmente ottenibile grazie all’uso di sonde e di piastrine o “coupons” che, grazie alla loro configurazione, riescono a rendere trascurabili i contributi di caduta ohmica nel terreno.
Fino ad ora si è parlato esclusivamente di interferenze da corrente continua, esistono comunque fenomeni di interferenza elettrica da corrente alternata che possono essere più difficili da identificare ed estremamente pericolosi dal punto di vista della corrosione. Tali fenomeni saranno oggetto di un approfondimento specifico che sarà sviluppato in un futuro articolo.
A livello internazionale la normativa di riferimento per la gestione delle interferenze elettriche è la norma ISO 15589-1: “Petroleum and natural gas industries — Cathodic protection of pipeline transportation systems — Part 1: On-land pipelines”, nella sua ultima edizione del 2015. A livello nazionale il riferimento normativo è la norma UNI 11094: “Protezione catodica di strutture metalliche interrate – Criteri generali per l’attuazione, le verifiche e i controlli ad integrazione della UNI EN 12954 anche in presenza di correnti disperse”.
Il contrasto alla corrosione da interferenza elettrica è parte del programma dei corsi di formazione e certificazione UNI EN 15257 organizzati da APCE ogni anno.